I numeri della caccia (legale) alle tartarughe marine

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I numeri della caccia (legale) alle tartarughe marine

Messaggioda Filly » mer mar 12, 2014 11:01 pm

Sono ancora 42 i paesi che consentono la cattura di questi animali a rischio di estinzione. I pericoli più grandi, però, vengono dalla pesca di frodo e dalle reti dell'industria ittica
di Valentina Tudisca
FONTE: http://www.nationalgeographic.it/natura ... e-2042767/

Le tartarughe marine sono un simbolo dell’impatto dell’uomo sul pianeta: delle sette specie che ne conosciamo, non ce n’è una che non sia sulla Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) fin dal 1982. Eppure in 42 paesi e territori ne è ancora consentita la cattura.

Per la prima volta uno studio del Blue Ventures Conservation di Londra e del Dipartimento di Biologia e Scienze Ambientali della University of Exeter di Penryn, in Inghilterra, fornisce una stima del numero di tartarughe marine catturate legalmente nel mondo: sarebbero 42.000 ogni anno. La ricerca, condotta dal gruppo di Frances Humber e pubblicata su Diversity and Distribution, consente di inquadrare l’impatto della pesca legale nel contesto delle varie minacce che mettono a rischio la sopravvivenza delle tartarughe marine, tra cui la pesca illegale, le morti accidentali causate dalla pesca industriale, il cambiamento climatico e la degradazione degli habitat.

Specie e luoghi

Lo studio, basato sui dati di oltre 500 pubblicazioni scientifiche e sulla consultazione di oltre 150 esperti di tutto il mondo, riporta le stime annuali di tartarughe pescate legalmente negli ultimi decenni a partire dagli anni Ottanta, specificando i dati per ogni paese e per ogni specie.

La tartaruga più cacciata in assoluto è di gran lunga la tartaruga verde (Chelonia mydas): ben l'80 per cento delle 42.000 tartarughe pescate legalmente ogni anno appartiene a questa specie. Seguono la tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata), la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea) e la tartaruga bastarda olivacea (Lepidochelys olivacea).

Per quanto riguarda invece la distribuzione geografica, la pesca legale si concentra in piccole isole nella regione dei Caraibi - inclusi diversi territori d’oltreoceano del Regno Unito - e del Pacifico (Melanesia, Polinesia e Micronesia). Australia, Papua Nuova Guinea e Nicaragua fanno la parte del leone: sono responsabili dei tre quarti della pesca legale globale. Si stima che tra Papua Nuova Guinea e Nicaragua siano state catturate legalmente più di 2 milioni di tartarughe dal 1980 a oggi, ma si registra anche un dato positivo: la pesca, da allora, è diminuita del 60 per cento, soprattutto grazie a una crescente sensibilizzazione rispetto alla necessità di tutelare questi animali.

Miglioramenti

“Scoprire che esistono ben 42 paesi privi di una legge che vieti la cattura di tartarughe marine è stata una sorpresa, anche se in molti casi questo tipo di pesca costituisce una fonte importante sia di proteine che di reddito”, dice Annette Broderick, tra gli autori dello studio.

Il primo esempio di tutela di questi animali risale infatti a qualche secolo fa: già nel 1620 nelle Bermude era stata proibita la pesca “di qualsiasi esemplare di diametro al di sotto dei 18 pollici”. Una legge promulgata in seguito alla colonizzazione occidentale del Nuovo Mondo, che aveva portato a un incremento del livello di sfruttamento di questi animali a scopo commerciale, compromettendo la “sostenibilità” della pesca artigianale a scopo di sussistenza, già in atto da millenni.

La pesca di tartarughe marine su larga scala, tuttavia, è continuata finora, raggiungendo picchi di oltre 17.000 tonnellate di tartarughe pescate alla fine degli anni Sessanta (si stima che nel 1968 il solo Messico ne abbia catturati 380.000 esemplari).

Nel frattempo, però, l’aumento della consapevolezza della necessità di una tutela a livello internazionale ha portato a una serie di accordi multilaterali con i governi locali per limitare il commercio di prodotti di tartaruga. Primo su tutti la Convenzione di Washington sul Commercio Internazionale delle Specie di Fauna e Flora Minacciate di Estinzione (CITES) del 1975, che oggi conta 178 paesi firmatari.

Le altre minacce

“Nonostante l’aumento della protezione nazionale e internazionale delle tartarughe marine, la caccia legale rimane un’importante causa di mortalità”, dice la ricercatrice Frances Humber. “Tuttavia”, continua, “è probabile che minacce ancora peggiori siano la pesca illegale e l’industria ittica, di cui le tartarughe restano vittime come pesca accessoria”.

Secondo gli autori dello studio, infatti, 42.000 non sarebbe una gran cifra rispetto al numero di tartarughe uccise di frodo o accidentalmente dai pescherecci destinati ad altre specie, anche se i dati a disposizione sono lacunosi.

Morti colpose

Riguardo al numero di tartarughe marine uccise come pesca accessoria, in base a una ricerca condotta nel 2011 da Paolo Casale del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin dell'Università Sapienza di Roma, ogni anno sarebbero circa 132.000 quelle che restano intrappolate nelle reti nel solo Mediterraneo, e di queste, a morire sarebbero circa 44.000.

L’entità di questo dato non sorprende, se si pensa ai metodi di pesca più comunemente utilizzati dall’industria ittica. Per esempio la pesca con i palangari, trame di reti cosparse di ami che possono raggiungere anche i 120 chilometri di lunghezza (tanto che, sulle boe a cui vengono appese, si collocano localizzatori satellitari per ritrovarle), o quella con le reti a strascico.

Nel nostro piccolo

Finché non verranno messi in discussione gli attuali metodi di pesca industriale, l’unico modo efficace per tutelare le tartarughe rimane proteggere i loro siti di riproduzione e di deposizione delle uova. L’Italia, in questo senso, dal 2012 è coinvolta nel Progetto Net-Cet, coordinato dal Comune di Venezia e nato da una cooperazione con Albania, Croazia, Montenegro e Slovenia per tutelare tartarughe marine e cetacei dell’Adriatico.

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