Simbologia: Tartaruga e la Luna

Le tartarughe nella storia, nell'arte, nella cultura del mondo.
Cristiano_Turri
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Simbologia: Tartaruga e la Luna

Messaggioda Cristiano_Turri » ven giu 22, 2007 12:29 pm

Prendetevi 10 min. è un pò lungo ma molto interessante.


Nelle Isole Batu, a occidente di Sumatra, gli indigeni, originari della vicina isola di Nias, raccontano un mito delle origini che ha come protagonista la Gran Madre, creatrice di ogni cosa:(1)
“Quando la terra ancora non c’era, quando non esisteva ancora il vasto mondo, esisteva nostra madre Dao”.
Dal “sudiciume delle palme delle mani”, dalla “ sporcizia del corpo”, ella forma la terra, forma “la rotondità del mondo”, con le acque, i monti, la vegetazione, come si evince dal prosieguo del racconto.
Poi, “un giorno, una volta”, quando “non c’erano ancora esseri umani, quando il genere umano ancora non esisteva, andò alla bocca dell’abisso, andò alla profondità senza fondo, nostra madre Dao, la sempre ringiovanentesi, nostra madre Dao avente forma di tartaruga. Ella adunò le zone dei venti, ella riunì gli angoli dei venti”. E così “fu ingravidata senza avere un uomo, fu fecondata senza un marito”.
Trascorso “un anno di vegetazione”, ella partorì due gemelli divini.
Ma il mondo era ancora senza uomini ed ella “parlava senza che ci fossero uomini, favellava senza che esistesse l’umanità”. Finché, “nel suo parlare ella disse, così ella disse favellando: “È peccato per la terra laggiù, è peccato per il vasto mondo, che non ci siano abitanti, che non ci abiti nessuno, con cui io possa parlare, con cui io possa favellare”. Di nuovo essa andò alla bocca dell’abisso, di nuovo essa andò alla profondità senza fondo ecc.”
Nostra madre Dao partorisce un’altra coppia di gemelli, un maschio e una femmina, che formeranno la coppia progenitrice del genere umano.
Cioè, si ripete per la seconda volta, con le medesime modalità della prima, l’evento del concepimento senza partner: esattamente come accade alla Luna che da sé concepisce se stessa rinascente.

Questa figura della Gran Madre, dunque, presenta due caratteristiche estremamente interessanti: ella è definita “la sempre ringiovanentesi” ed è rappresentata in “forma di tartaruga”, due tratti che simbolicamente la qualificano sia come la Madre Terra originaria, signora della vegetazione (la vegetazione ciclicamente si rinnova nell’anno e la tartaruga è simbolo della stabilità del mondo) e sia, al tempo stesso, come una figura indubitabilmente lunare.
D’altronde, la luna, “col suo spuntare dalle tenebre, col suo crescere e appassire, col suo scomparire come un seme di speranza sotto terra, è madre della vegetazione”, come scrive con mirabile sintesi Sermonti, il quale ricorda, inoltre, che “Hater l’egiziana, Ishtar, Dioniso, Sin sono insieme divinità lunari e della vegetazione”(2).
È la Luna, che, attraversando ciclicamente tutte le età, dalla nascita alla vecchiaia, torna sempre a ringiovanire, rinascendo ogni volta da morte: è la luna la “ringiovanentesi” per eccellenza.

Il dio lunare della Mesopotamia Nanna-Sin, “signore della sapienza”, che, “pur senza mai perdere i suoi specifici caratteri lunari, tende a diventare “signore del cielo”, ad assumere cioè le caratteristiche del dio supremo astrale, benefattore degli uomini” (3), è designato ancora con l’epiteto, specificamente attinente alla sua qualità di dio-luna, di “frutto che si genera da sé”.
Così, in una preghiera rivolta al dio in occasione di un’eclisse possiamo leggere:
“O Sin, splendido luminare nel cielo puro,
Sin, incessantemente rinnovato, che rischiari la notte,
che dài chiarore agli uomini che vivono sotto le nuvole...”(4).

Ed è sempre la Luna la divinità che, in miti diffusi nei quattro continenti, è in diversi modi collegata alla tartaruga.
Ma nel mito dei Batu, ad un certo punto, la nostra Signora Dao, la sempre “ringiovanentesi” in forma di tartaruga, muore e si trasforma letteralmente in terra e polvere. Compiuto il suo compito, la “sempre ringiovanentesi, nostra madre Dao, avente forma di tartaruga”, decide di morire o, meglio, di trasformarsi, da lunare divinità legata alla terra ed alla vegetazione, nella terra stessa nella sua concreta fisicità: “Or dunque un giorno, una volta … il suo spirito vitale s’involò come vento, la sua anima si dileguò come un vapore; ella morì e fu trasformata in terra (dãnò); morta divenne polvere (dao). I suoi resti mortali riempirono i crepacci, la sua cenere riempì le spaccature della terra”.
Ma è una ben strana morte la sua, se la coppia progenitrice del genere umano seguitò a chiamarla ed a ricordarla come “la sempre ringiovanentesi (…) Nostra Madre Dao avente forma di tartaruga”!

Come si spiega questa strana, e duplice, contraddizione?
La chiave è forse nell’immagine simbolica della tartaruga.
Intanto, è vero che tra gli animali che simboleggiano la luna non è raro incontrare questo animale, che si cela nel proprio guscio e dal medesimo guscio torna a comparire, scomparendo e ricomparendo proprio come il misterioso astro notturno. Nel racconto delle origini dei Batu, se è corretto vedere nella Gran Madre Dao una personificazione della divinità lunare, questo simbolismo viene spinto fino all’estremo dell’identificazione. E non diversamente accade nella mitologia cinese: anche qui la tartaruga si identifica con la luna. Ma con una significativa differenza.
Nel mito Batu –se la nostra interpretazione è esatta- l’identificazione avviene sulla base del periodico processo di ringiovanimento (cioè del riapparire dopo essere scomparsa), con un’enfasi sull’aspetto positivo del ciclo periodico: essa è appunto la “sempre ringiovanentesi”.
Presso i Cinesi, ancorché la tartaruga sia tenuta in grande considerazione, fino al punto di annoverarla (assieme all’unicorno, al drago, alla fenice e alla tigre) fra gli animali spirituali e di scoprire in essa “un’immagine o modello dell’universo”,(5) come immagine lunare viene associata al Nord e all’inverno e, cioè, alla luna nella sua fase cinerea, oscura, invernale, luttuosa. E se ha un fondamento l’ipotesi che l’antica mitologia cinese abbia forti elementi in comune con quella mesopotamica (6), non possiamo tacere che già nell’antica Babilonia i “sette spiriti maligni”, associati ai sette segni zodiacali dell’inverno (i cinque segni dello Zodiaco visibili in estate erano ritenuti benigni, mentre i sette visibili in inverno maligni), erano i malvagi occultatori-rapitori del dio-luna Sin:
“I giorni invernali, ecco gli dèi maligni... Sono sette, i messaggeri di Anu, loro signore... La nuvola della sciagura, che in cielo va cacciando minacciosa, sono loro... Quando i sette, gli dèi maligni arrivarono all’argine del cielo, si posero con violenza davanti al luminare Sin”(7).

Legata alla luna per il suo rapporto con l’acqua, la tartaruga è un animale che appartiene contemporaneamente anche alla terra, in numerose tradizioni ritenuta “divinità ctonia fondamentale, espressione delle forze profonde della terra e delle acque”(8), che riunisce in sé proprietà ed ambivalenze degli elementi a cui è associata. Nella cerimonia della Buona Danza degli indiani Zuñi del Nuovo Messico, per esempio, è trasparente la duplice relazione della tartaruga sia con l’acqua che con il mondo dei morti(9).
Per questa sua ambiguità di fondo essa può essere sia simbolo positivo che negativo. E relativamente alla luna, in modo particolare, può essere sia immagine e simbolo della luna che rinasce, sia immagine e simbolo della luna che muore.
Questo perché la luna oltre che trina, quale immagine e simbolo, successivamente, di vita, morte e resurrezione, è in realtà anche doppia. “La luna nera è mortale, sofferente, effimera; una luna terrena, ctonia. Di fronte a lei è una luna bianca, una luna palese che abita il cielo e ha il volto impassibile degli “immortali”, la castità della diva”.(10) E ancora: la luna è “come composta di due metà opposte; la parte nera e la parte bianca, che si associano e si alternano”(11). E sarà il caso di ricordare che per la fisiologia taoista la tartaruga, che corrisponde all’ Acqua leggera, è associata al color nero.

A sua volta, Anita Seppilli, dopo avere sottolineato che “l’equivalenza della vita umana e di quella lunare, equivalenza che sorge per un processo ideativo pari alla metafora, sembra apportare all’uomo anche una sostanziale identità di destino –la rinascita- pure per quella parte della vita che rimane incontrollabile, e cioè per la morte”, ricorda, altresì, che in forma negativa “troviamo legata alla luna la perdita dell’immortalità”(12). Per quest’ultima ragione, non è raro trovare associata alla luna la tartaruga, proprio come portatrice della morte: in greco, d’altronde, tartaroukòs vuol dire esattamente “portatrice del tartaro”.

Ed allora non ci sarà da meravigliarsi se in un mito dei Boscimani del Kalahari, sarà la tartaruga che, dimenticando il messaggio di rinascita e di salvezza che la luna le aveva ordinato di riferire agli uomini, diverrà la causa prima della condanna umana alla mortalità.
La Luna, narra il mito(13), nei tempi andati, chiamò la tartaruga e per mezzo suo mandò agli uomini di allora questo messaggio: “Uomini, com’io morendo resuscito, così resusciterete voi dopo la morte”. “La tartaruga si mise in cammino per trasmettere il messaggio, e più e più volte veniva ripetendolo fra sé per non dimenticarlo. Ma era così lenta a camminare che per quanto facesse se lo dimenticò…”. La Luna allora si adira e si rivolge alla lepre, perché “buona corritrice”. Purtroppo, anche la lepre si attarda e dimentica, ma, “non osando tornare indietro”, riferisce il messaggio in maniera rovesciata: “Uomini, quando morirete, sarete morti per sempre”.
“Aveva la lepre appena finito di parlare che giunse la tartaruga e riferì il suo messaggio”; ma ormai non c’era più niente da fare: “era troppo tardi, poiché era stato trasmesso il messaggio sbagliato, e così da allora tutti gli uomini son morti sempre”. E se la responsabilità ultima è della lepre, non c’è dubbio che la responsabilità prima è della tartaruga, dal momento che la lepre interviene solo in seconda battuta, a certificare un fato che era già stato segnato, poiché una parola taciuta o dimenticata equivale, come indelebile marchio del destino, ad una parola detta. Il silenzio è una voce negativa e, come tale, è anch’esso “fatum”.

Parola (detta o taciuta) ed immagine si richiamano l’un l’altra, completandosi e chiarendo simbolicamente il mistero della Luna: la luna che desidera inviare agli uomini il messaggio di salvezza, la parola detta, è la luna bianca, immagine di trionfo sulla morte; la tartaruga, di converso, che tacendo determina il destino di morte dell’umanità, la parola dimenticata e taciuta, si qualifica nel mito come il doppio nero, immagine di morte.

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